Uno degli eventi che ha portato alle prime ipotesi della correlazione tra la temperatura esterna e la determinazione del sesso delle tartarughe è quello avvenuto negli anni ’80: alcuni scienziati, per salvaguardare delle uova di tartaruga marina, decisero di prelevarle dal nido ponendole in delle incubatrici, così da evitare troppe perdite a causa di predatori. Ma quando nacquero le tartarughe, quasi ogni esemplare risultò essere maschio.
In quel periodo la conoscenza sulla determinazione del sesso negli animali era strettamente collegata al concetto di cromosoma sessuale, ovvero una determinazione legata esclusivamente alla genetica. La nascita di esemplari prevalentemente maschili portò a dedurre quindi che probabilmente altri erano i fattori coinvolti nella determinazione del sesso. Ma quali erano? Ed in che modo agivano?
Turk Rhen, biologo dell’Università del North Dakota, ha dedicato gran parte della sua carriera a cercare di rispondere a queste domande e forse ha trovato la risposta ad almeno una delle due.
In uno studio pubblicato sulla rivista “Genetics” si legge che Rhen ed i suoi collaboratori hanno identificato un gene che sembrerebbe essere proprio il responsabile della determinazione del sesso nelle tartarughe e, se così fosse, la ricerca potrebbe aiutare nella sviluppo futuro di entrambi i sessi in un mondo con temperature in costante aumento.
Anche se l’inizio della differenziazione non è genetico, gli scienziati sanno che il meccanismo di sviluppo che porta un embrione senza sesso a diventare femmina o maschio una giovane tartaruga è più o meno uguale a quello di altre specie, ovvero è comunque condotto da geni. La ricerca passata ha dimostrato che, in fase di sviluppo, alcuni dei geni che controllano il sesso negli esseri umani sono gli stessi nelle tartarughe. L’attivazione di determinati geni provoca la differenziazione dei tessuti amorfi negli organi riproduttivi maschili e femminili, questo processo è caratterizzato da una serie di reazioni a cascata che portano infine alla formazione di un esemplare maschio o femmina.
L’interesse di Rhen è legato all’inizio dell’intero processo ed a come questi geni sono a loro volta legati alla temperatura; ha così ipotizzato che da qualche parte doveva nascondersi un gene collegato alla temperatura in grado di iniziare e guidare l’intero processo. Il gene che è stato identificato come candidato è il gene CIRBP (Cold Inducible RNA Binding Protein), il quale è noto anche per essere coinvolto nella regolazione del calore del corpo negli esseri umani e negli altri mammiferi, aumentando e abbassando le temperature secondo le esigenze.
Nel suo studio più recente, Rhen è riuscito a confermare che CIRBP si è attivato al momento giusto ed è nella giusta parte dell’embrione per poter essere considerato il responsabile a monte di quella che è la regolazione e lo sviluppo di gonadi maschili o femminili correlato sempre alla temperatura di incubazione. Infatti la conferma è stata data da un esperimento effettuato su uova di tartaruga della specie “Chelydra serpentina“: le uova, poste in incubatrice per una finestra temporale di 5 giorni con una temperatura più bassa di circa 10°F rispetto a quella dell’ambiente esterno dalla quale sono state prelevate, avevano già iniziato la differenziazione; in seguito il tessuto è stato esaminato per studiarne la risposta al cambiamento di temperatura e si è visto che la reazione era quasi istantanea.
«L’espressione genica è cambiata entro 24 ore dal cambiamento di temperatura», ha detto Rhen. Due giorni dopo, i geni che gli scienziati sanno essere coinvolti nella differenziazione del sesso hanno cominciato ad entrare in azione.
Comprendere il meccanismo genetico diventerà sempre più importante visto che la temperatura ambientale media è sempre in aumento. Un recente rapporto sulle tartarughe marine in Florida ha rivelato che la maggior parte dei nidi esaminati ho portato alla nascita di più del 90% di esemplari femminili per quattro anni di fila. Inoltre, alcuni ricercatori impegnati nello studio delle tartarughe d’acqua dolce del Mississippi hanno stimato che un aumento della temperatura di anche soli 1,1°C sarebbe sufficiente a generare esclusivamente esemplari femmine, portando così quasi all’estinzione della specie.
«C’è molta discussione in corso sui cambiamenti climatici», ha detto Metzger, collaboratore di Rhen, che ha poi aggiunto: «Ma alla fine, la domanda è: ci sono abbastanza variazioni genetiche grazie alle quali queste specie saranno in grado di adattarsi da sole?»
Foto e letteratura scientifica: www.ncbi.nlm.nih.gov