«Eravamo accampati sulla spiaggia per proteggere dai bracconieri le uova delle tartarughe verdi che salivano a nidificare su quel litorale del Costa Rica, quando osservammo una femmina che non riusciva a fermare il continuo collasso del suo nido. Puntando la torcia, notammo che le mancava una delle due pinne posteriori ma nonostante ciò continuava a cercare di scavare, quindi con le mani la aiutammo nell’intento e dopo qualche ora aveva deposto tutte le sue uova. Quella sera andai a letto sentendomi al settimo cielo» ha riferito Jimena Rodriguez, biologa marina e Marine Turtle Conservation Manager della “Emirates-Wildlife Society“.
Da allora ha spostato la sua attenzione sulla protezione a 360 gradi delle tartarughe marine presenti nella regione araba, le quali costituiscono una parte considerevole della popolazione mondiale di “Chelonia mydas“. Dal 2010 infatti, è responsabile del progetto “Gulf Green Turtle Conservation” che mira a raccogliere informazione sulle zone di foraggiamento e sulla distribuzione delle due specie presenti e minacciate nel Golfo Persico (oltre alla tartaruga verde, c’è la “Eretmochelys imbricata“) ed inoltre, mira alla conoscenza dei percorsi di migrazione.
In una prima fase sono state dotate di rilevatore GPS ben 75 esemplari femmine di tartaruga embricata, che hanno viaggiato dagli Emirati Arabi al Qatar, dall’Oman all’Iran. La seconda fase poi, che si concluderà tra due anni, si concentra sulle tartarughe verdi. Questa specie è molto comune nel Golfo Persico, tanto che ogni anno oltre 20 mila esemplari nidificano nella “Ras Al Jinz Turtle Reserve” in Oman.
Dal 2016, J. Rodriguez e la EWS collaborano con i governi locali affinché i siti scelti dalle tartarughe per deporre vengano protetti: «Ad oggi quasi tutti i siti di nidificazione sono protetti o regolamentati con una particolare gestione statale. Questo ha fatto registrare grandi successi negli ultimi anni ma c’è ancora tanto da fare, infatti alcune tartarughe dotate di GPS sono migrate in aree lontane come l’Eritrea e l’India, a causa dell’inquinamento»
Ciò che minaccia l’esistenza di queste due specie è il rapido ed invadente sviluppo sulle coste ed in mare, con conseguente degrado degli habitat e senza dimenticare l’aumento delle reti da pesca in cui restano impigliate.
Entro il 2019, le organizzazioni partecipanti al progetto GGTC sperano di identificare l’area più critica dell’habitat frequentato dalle tartarughe, utilizzando così queste informazioni per guidare le decisioni politiche e gestionali per la loro protezione. Inoltre, la sensibilizzazione rivolta ai cittadini di queste località è basata principalmente sulla diminuzione della plastica, su tutte quella monouso, in modo da evitare che finisca in mare e venga ingerita dalle tartarughe.