Negli ultimi cinque anni il numero di tartarughe marine infettate dal fibropapillomatosis, herpes virus che colpisce solo questi rettili, è cresciuto in maniera assai veloce. Basti pensare che nel 2014 furono meno di cento gli esemplari ricoverati presso il “Turtle Hospital” di Marathon ed il fenomeno era circoscritto solo alle acque floridiane; nel 2016 poi, la massa tumorale si è presentata anche sulle “Chelonia mydas” presenti lungo la barriera corallina australiana, fino a colpire quest’anno il 50% delle tartarughe verdi nella zona dell’isola di Curaçao.
Questo virus causa tumori a crescita rapida su varie parti della cute, dalla bocca agli occhi e fino alle pinne, causando così difficoltà nel nuoto e nell’alimentazione. L’anno scorso però, c’è stata la svolta: per la prima volta si è riusciti a prelevare un campione sterile di cute di una “Chelonia mydas” ed è stato così possibile riprodurla in laboratorio.
Ciò ha favorito lo studio dell’avanzamento del virus “Chelonide herpesvirus 5“; inoltre, il confronto tra l’attività genica in un tessuto sano con quella in uno infetto ha mostrato che il tumore prospera grazie ad una rete di proteine molto simili a quelle che fanno progredire un cancro della pelle nell’uomo.
I ricercatori hanno quindi pensato di seguire l’iter usato per curare i tumori nell’uomo, rimuovendo prima chirurgicamente la massa, effettuando poi una serie di sedute di chemioterapia ed infine fornendo farmaci antitumorali. E’ stato notato che la chirurgia e la somministrazione di fluorouracile ha ridotto il ritorno del virus dal 60% al solo 18% dei casi.
Oggi questo cancro si sta espandendo in tutto il mondo ma i fattori ambientali come l’inquinamento sono essenziali per il suo manifestarsi, infatti in ambienti incontaminati le tartarughe restano semplici portatori sani.