Un team internazionale composto da 114 scienziati, guidato dalla Penn State e dalla Northeastern Illinois University, ha pubblicato giovedì 23 giugno sulla prestigiosa rivista scientifica “Science” lo studio più completo mai realizzato prima sull’invecchiamento e la longevità dei rettili in natura.
Sebbene già esistessero prove aneddotiche su come questi animali cosiddetti “a sangue freddo” vivessero più a lungo, essere erano imprecise e basate principalmente su esemplari presenti in cattività, in parchi zoologici.
I ricercatori hanno raccolto dati esclusivamente in natura, in tutto il mondo, da 107 popolazioni di 77 diverse specie di rettili e anfibi. Tra le numerose scoperte riportate, hanno documentato per la prima volta che tartarughe, coccodrilli e salamandre hanno tassi di invecchiamento particolarmente bassi e una durata della vita estesa per le loro dimensioni.
Inoltre, il team ha scoperto che i fenotipi protettivi, come i duri carapaci della maggior parte delle specie di tartarughe, contribuiscono a un invecchiamento più lento e, in alcuni casi, anche a un “invecchiamento trascurabile” o alla mancanza di invecchiamento biologico.
«Fino a ora nessuno aveva effettivamente verificato su larga scala, in numerose specie in natura, la prova della lentezza nell’invecchiamento di rettili e anfibi» ha affermato David Miller, autore senior e professore associato di “Wildlife Population Ecology” alla Penn State. «Se riusciamo a capire cosa consente ad alcuni animali di invecchiare più lentamente, possiamo comprendere meglio il nostro invecchiamento e utilizzare ciò anche per le strategia di conservazione delle specie minacciate o in via d’estinzione».
L’ipotesi della modalità termoregolatoria degli ectotermi che suggeriva come un più basso metabolismo possa essere sinonimo di un invecchiamento più lento rispetto a quello delle specie endotermi, non ha trovato supporto scientifico. «Questa relazione è risultata vera solo per le tartarughe, il che suggerisce come siano uniche tra gli ectotermi».
Il team ha invece documentato come i tratti fisici o chimici protettivi (armature, spine, conchiglie o veleno) conferiscano sia protezione che una eccezionale longevità dovuta anche a un processo di invecchiamento più lento. «Abbiamo trovato il più grande supporto di questa ipotesi ancora una volta nelle tartarughe. Questo dimostra che come gruppo sono davvero uniche» ha spiegato Beth Reinke, prima autrice e assistente professore di biologia.
Miller ha infine aggiunto che «Invecchiamento trascurabile vuol dire che se la probabilità di un animale di morire in un anno è dell’1% a dieci anni, se è vivo a cento anni, la probabilità di morire è ancora della stessa percentuale».
Capire il panorama comparativo dell’invecchiamento tra gli animali può rivelare tratti flessibili degni bersagli per lo studio biomedico relativo all’invecchiamento umano.
È possibile approfondire lo studio al seguente link: “Diverse aging rates in ectothermic tetrapods […] and longevity“