Yuan Xie è un trentunenne cinese, residente a Los Angeles, arrestato nel novembre 2018 dagli agenti del Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti per aver contribuito a contrabbandare centinaia di esemplari (Terrapene carolina, Clemmys guttata, Malaclemys terrapin, Graptemys flavimaculata, Terrapene triunguis, Emydoidea blandingii e Glyptemys insculpta) dall’Oregon a Shanghai, in Cina.
Lo scorso settembre, un giudice federale lo ha condannato a cinque anni di libertà vigilata, a una multa di 15.000 dollari da versare a un fondo federale per la lotta ai crimini contro la fauna selvatica e, in più, a un risarcimento di circa 2.000 dollari a due strutture che si prendono cura degli esemplari sequestrati.
Il giudice ha anche ordinato che Xie svolga 500 ore di servizio alla comunità ma con una parte del tempo passata con la Prof.ssa Meredith Gore della University of Maryland, la quale si concentra sulla comprensione e la prevenzione dei crimini contro la fauna selvatica.
Xie dunque, settimanalmente sta incontrando in videoconferenza la professoressa per discutere dei post visti sui social che pubblicizzano la vendita di animali selvatici proibiti. Insieme a lui, in questo programma sperimentale sono stati coinvolti altri due condannati: Agnes Yu, colpevole di aver venduto illegalmente scaglie di pangolino nel suo negozio di medicina tradizionale cinese a Portland, e Darren Dennis Drake, colpevole di aver importato e poi esportato centinaia di scorpioni vivi dalla Germania.
«Sono rimasto piacevolmente sorpreso del fatto che siamo riusciti a rendere ciò parte della sentenza» ha affermato un assistente procuratore. «È fantastico approfondire le cause dalla radice, per comprendere perchè le persone fanno questo tipo di cose, in modo da prevenirle in futuro».
Gli approcci alla giustizia riparativa sono stati a lungo trascurati per i crimi contro la fauna selvatica ma potrebbero svolgere un ruolo importante nel plasmare politiche migliori e avvantaggiare allo stesso tempo le vittime e gli autori.
Xie dopo essersi dichiarato colpevole del contrabbando di 769 esemplari in 18 mesi, ha riconosciuto l’illecito della sua attività, affermando di essere anche dispiaciuto per quelle tartarughe morte durante il trasporto all’interno di alcuni calzini.
«Ora vogliamo educare al meglio le persone . Riteniamo che in questa area non c’è abbastanza informazione e anche per questo ci siamo messi nei guai» hanno affermato i tre condannati.
Fonte: www.nationalgeographic.com