Abstract
La comprensione della biologia riproduttiva e dei disturbi associati è fondamentale per la gestione clinica dei cheloni, in particolare di quelli tenuti in cattività. Questa revisione della letteratura presenta una panoramica delle principali condizioni patologiche che interessano l’apparato riproduttivo femminile di questi animali. Per ciascuna condizione, vengono descritte procedure diagnostiche e terapeutiche pratiche ed efficaci. I disturbi comunemente osservati includono distocia, uova ectopiche, stasi follicolare, infertilità, ooforite, salpingite, cloacite, prolasso cloacale o oviduttale, neoplasie e torsione ovarica. L’approccio fondamentale a queste condizioni prevede sempre un esame clinico approfondito, che richiede una conoscenza approfondita della specie, un’anamnesi clinica e le pratiche di gestione. Le procedure diagnostiche includono esami fisici, tecniche di imaging (ecografia, radiografia, TC, endoscopia) e interventi chirurgici. Una caratteristica comune a molte patologie è l’influenza degli errori di gestione e la presenza di segni clinici aspecifici.
Sviluppo dello studio
Il numero di tartarughe (cheloni) esotiche portate dai veterinari per problemi riproduttivi è in aumento. Tra le patologie più comuni ci sono stasi follicolare, distocia e infertilità, spesso causate da condizioni ambientali inadeguate (temperatura, umidità, luce). Altre condizioni, come uova ectopiche, ooforiti e salpingiti, sono meno frequenti ma aggravate da stress, malnutrizione o cattiva gestione. I cheloni, rispetto ad altri rettili, soffrono più facilmente di problemi riproduttivi a causa della loro lunga vita e di esigenze ambientali specifiche. Anche carenze nutrizionali (calcio, vitamina D3), infezioni o malattie metaboliche possono compromettere la riproduzione. È quindi essenziale che i veterinari considerino anche questi fattori esterni per una corretta diagnosi e terapia.
L’apparato riproduttivo femminile comprende ovaie, ovidotti e cloaca, strutture influenzate da cicli stagionali e regolazione neuroendocrina (GnRH, FSH, LH). Il ciclo ovarico si divide in quattro fasi: quiescenza, follicologenesi, ovulazione/fecondazione, e oviposizione. Alcune specie possono immagazzinare spermatozoi per mesi o anni, permettendo prole con paternità multipla.
Dopo aver raccolto i dati dell’animale e del proprietario, è fondamentale un’anamnesi completa, anche specifica per l’apparato riproduttivo, conoscendo la specie e le sue abitudini riproduttive. L’esame clinico deve considerare anche altre possibili patologie sistemiche. Si utilizzano osservazione, palpazione e valutazione digitale del vestibolo per individuare eventuali masse o uova calcificate.
Gli esami collaterali includono:
- Ematologia e biochimica: livelli di calcio, proteine, trigliceridi e altri parametri possono indicare disturbi riproduttivi.
- Citologia: utile per identificare infiammazioni, infezioni o neoplasie, ma può dare falsi negativi; spesso serve la conferma istologica.
- Istologia: fondamentale per diagnosticare tumori riproduttivi.
- Parassitologia, microbiologia e virologia: identificano agenti infettivi, ma la presenza di batteri non indica sempre malattia.
Le tecniche di imaging comprendono:
- Ecografia: consente di visualizzare ovaie, ovidotti e uova.
- Radiografia: utile per uova calcificate, ma non per strutture molli.
- TAC: offre immagini dettagliate senza sovrapposizioni.
- Coelioscopia e cloacoscopia: permettono la visione diretta degli organi riproduttivi.
L’ossitocina viene usata nei cheloni per stimolare le contrazioni dell’ovidotto e favorire la deposizione delle uova, con successo nel 90% dei casi se somministrata entro 48 ore. Prima della terapia è essenziale garantire idratazione, bilancio minerale corretto, temperatura adeguata e lubrificazione cloacale. Si può somministrare ossitocina per via intramuscolare, endovenosa, intraossea o sottocutanea, con dosi tra 1 e 20 UI/kg (fino a 40 UI/kg in alcuni casi). Se una dose non è efficace, si può ripetere fino a tre volte. Possibili complicazioni includono spasmi, rottura dell’ovidotto e uova ectopiche.
Altri trattamenti includono l’uso sperimentale di impianti a rilascio controllato di deslorelina (inefficaci come contraccettivi nei cheloni), antibiotici (meglio se guidati da antibiogramma), antinfiammatori e analgesici.
Nei cheloni, la scelta tra terapia medica e chirurgica per i disturbi riproduttivi dipende da diagnosi, stato clinico e complicazioni. La chirurgia è necessaria se la terapia medica fallisce o in presenza di sintomi sistemici (es. letargia, iperuricemia).
La via prefemorale è la tecnica chirurgica preferita: meno invasiva, con guarigione più rapida, indicata per sterilizzazioni o stasi follicolare cronica. La plastronotomia si usa quando la prefemorale non è praticabile (uova grandi, calcificazioni, fibrosi), poiché consente pieno accesso alla cavità celomatica ma richiede un recupero più lungo.
In casi d’urgenza o quando la chirurgia non è possibile, si può eseguire una ovocentesi cloacale per aspirare le uova e alleviare l’ostruzione, pur con rischi di complicanze come salpingite o coelomite.
Conclusioni
La conoscenza approfondita della biologia riproduttiva e delle patologie associate è fondamentale per la gestione clinica dei cheloni, specialmente quelli mantenuti in cattività. Una diagnosi accurata richiede un esame clinico dettagliato, supportato da tecniche diagnostiche appropriate. Il trattamento efficace delle patologie riproduttive può includere sia terapie mediche sia interventi chirurgici, a seconda della gravità e della natura della condizione. Una gestione adeguata e una diagnosi tempestiva sono essenziali per migliorare la salute e il benessere delle testuggini affette da disturbi dell’apparato riproduttivo.