Abstract
Le tartarughe e le testuggini (ordine Testudines) stanno affrontando una crisi di estinzione e gli ecosistemi rischiano di collassare con la perdita dei ruoli chiave che svolgono. La mancata schiusa è un ostacolo cruciale alla crescita e alla persistenza della popolazione, ma le sue cause sono poco comprese e non si sa se i tassi di fecondazione siano in calo poiché molte popolazioni diventano più piccole e più orientate alle femmine. In questo studio, è mostrato che pochissimi studi sul successo della schiusa delle tartarughe e delle testuggini prendono in considerazione i tassi di fecondazione e quelli che lo fanno utilizzano metodi inaffidabili per determinare la fertilità delle uova. Si mostra anche che gli studi sul successo della schiusa sono orientati verso le tartarughe marine, rispetto alle specie di acqua dolce e terrestri, e verso le popolazioni selvatiche piuttosto che quelle in cattività. Per affrontare la mancanza di metodi affidabili per valutare i tassi di fecondazione nelle tartarughe e nelle testuggini, è stato sviluppato e testato (in uova di tartarughe e testuggini) un metodo basato sulla microscopia (originariamente progettato per le uova di uccelli) per rilevare lo sperma legato alla membrana perivitellina (PVM) e i nuclei embrionali nel disco germinale delle uova non schiuse. Si dimostra che questo metodo fornisce prove inequivocabili della fecondazione delle uova in cinque diverse specie di tartarughe e testuggini provenienti sia da popolazioni in cattività che selvatiche, anche dopo che le uova sono state lasciate nei nidi selvatici per l’intero periodo di incubazione. Questo approccio metodologico rappresenta uno strumento prezioso per monitorare la fertilità delle uova e i tassi di sopravvivenza degli embrioni in tartarughe e testuggini, con il potenziale di fornire importanti approfondimenti sui fattori alla base del fallimento riproduttivo nelle popolazioni minacciate in cattività e in natura.
Discussione con le autrici
Gli scienziati dell’University of Sheffield, in collaborazione con la “Save Our Seas Foundation“, con “Nature Seychelles” e con la “Fregate Island Foundation“, hanno sviluppato una nuova tecnica per distinguere tra fallimento della fecondazione e morte precoce dell’embrione nei rettili, fornendo la prima stima dei veri tassi di fertilità nelle specie studiate.
È la prima volta che la fertilità è stata valutata accuratamente nelle popolazioni selvatiche di tartarughe marine e testuggini, fornendo informazioni fondamentali per aiutare a salvare queste specie dall’estinzione. Con questo studio si è scoperto che la maggior parte (75%) delle uova non sviluppate esaminate con successo erano state fecondate ma contenevano embrioni morti in una fase precoce. Ciò era particolarmente vero per le specie di tartarughe marine selvatiche come le Eretmochelys imbricata e le Chelonia mydas, dove la morte dell’embrione era la causa principale del fallimento della schiusa. Al contrario, le testuggini giganti di Aldabra (Aldabrachelys gigantea) mostravano tassi leggermente più elevati di fallimento della fecondazione, il che indica che la fertilità potrebbe essere una preoccupazione maggiore per questa specie.
Alessia Lavigne, dottoranda presso l’University of Sheffield e autrice principale dello studio, è la prima scienziata delle Seychelles a svolgere un qualsiasi tipo di ricerca sulla piccola Cousin Island, riserva naturale nell’Oceano Indiano al largo della costa dell’Africa orientale.
«Non solo abbiamo identificato e quantificato lacune critiche nella nostra attuale comprensione dei tassi di fecondazione delle tartarughe, ma abbiamo affrontato anche la mancanza di metodi affidabili attraverso la dimostrazione della nostra tecnica», ha affermato la ricercatrice. «I nostri partner per la conservazione sono entusiasti, poiché alcuni hanno già espresso che questi risultati hanno migliorato la loro comprensione del fallimento della schiusa e aiutano a individuare le minacce significative al loro successo riproduttivo. Ritengono che i risultati di questo studio informeranno i futuri interventi di gestione, soprattutto se si considerano fattori come il riscaldamento globale e il cambiamento climatico».
La Dr.ssa Nicola Hemmings, della facoltà di Bioscienze dell’University of Sheffield e a capo del gruppo di ricerca che ha condotto lo studio, ha affermato: «I prossimi passi consisteranno nel combinare dati accurati sui tassi di fallimento della fecondazione e di morte degli embrioni, utilizzando i metodi da noi sviluppati, con informazioni sulle condizioni in cui queste specie si riproducono, come la temperatura e la presenza di inquinanti, per valutare se determinati fattori ambientali siano associati a livelli più elevati di fallimento della fecondazione o di morte degli embrioni. Riteniamo inoltre che i metodi da noi sviluppati possano essere applicabili anche ad altre specie di rettili, come coccodrilli e serpenti, aprendo grandi potenzialità per comprendere meglio anche i problemi riproduttivi di altre specie minacciate».