Tra gli ordini di rettili viventi, Testudines, Crocodylia e Rhynchocephalia sono considerati strettamente ovipari mentre Squamata include specie sia ovipare che vivipare.
Le testuggini e le tartarughe tipicamente depongono le uova in nidi sotterranei scavati con le zampe posteriori o, in ambienti umidi, possono depositarle anche sul terreno o sotto tronchi caduti. Non è molto importante per quanto tempo le femmine conservino le uova, generalmente lo sviluppo intrauterino degli embrioni viene arrestato allo stadio di gastrula, fino all’ovideposizione.
La Chersina angulata però, ha mostrato avere un modello riproduttivo insolito per una testuggine che vive in zone climatiche che variano dall’estrema aridità alle lunghe piogge invernali: le femmine di questa specie depongono quasi tutto l’anno (da marzo a dicembre), fino a sei covate a testa composte da un unico uovo e solo occasionalmente da due.
Il tempo di ritenzione delle uova negli ovidotti di questa testuggine varia notevolmente dai 23 ai 212 giorni. Le osservazioni che hanno portato alla pubblicazione il 6 gennaio 2022 della ricerca sulla rivista scientifica “Frontiers in Ecology and Evolution” indicano che le Chersina angulata sono capaci di trattenere le uova fino a quando lo sviluppo dell’embrione non raggiunge la fase di schiusa, proprio in conformità alla definizione generalmente accettata di viviparità nei rettili.
Tale insolito aspetto, non noto in altre specie di cheloni, è stato osservato in una colonia di ricerca istituita nel 1999 e composta da sedici femmine e cinque maschi prelevati dal “West Coast National Park” ed allevati in un recinto di 20 metri per 10 metri, in condizioni generalmente naturali.
Nel 2016 le femmine hanno iniziato a nidificare da metà marzo e nel pomeriggio del primo aprile, Margaretha D. Hofmeyr (co-autore dello studio, deceduta nel febbraio 2020) ha trovato due uova non sepolte a due metri circa di distanza l’una dall’altra, entrambe senza il minimo segno di terreno smosso nei paraggi.
Le uova avevano sicuramente al massimo un giorno, in quanto le testuggini erano state alimentate il giorno prima ed il recinto era stato ispezionato. Per lasciare il tutto quanto più naturale possibile, le uova non furono toccate ma dopo appena quattro giorni, entrambe avevano una crepa da cui era possibile intravedere l’hatchling già formato.
Fu deciso solo in quel momento quindi di portare le uova all’interno ed il 9 aprile 2016 si ebbe la schiusa delle due baby, rispettivamente di 16,9 e 19,7 grammi di peso. Entrambe hanno in seguito mostrato una regolare attività e crescita, senza alcuna anomalia esterna.
Dal 2017 al 2021 sono state costantemente controllate tutte le femmine, con radiografie annuali a fine gennaio/inizio febbraio per stabilire eventuali ritenzioni delle uova durante l’estate (dicembre-febbraio) ma non è più stato riscontrato un simile fenomeno.
Sono stati sono dunque analizzati i dati climatici raccolti dalla stazione meteorologica di Matroosfontein, presso il “Cape Town International Airport“, per documentare un eventuale collegamento con condizioni climatiche inusuali.
È emerso che la provincia di Western Cape è stata colpita da una siccità prolungata dal 2015 al 2019 mentre le precipitazioni annuali sono state inferiori alla media con un picco più forte nel 2017. Ciò che però di significativo ha distinto esclusivamente le annate 2015 e 2016 è stato il picco di caldo nel marzo 2015 (oltre 42°C) e temperature estive (da dicembre 2015 a febbraio 2016) al di sopra della media dei cinque anni precedenti e dei cinque successivi.
Dunque l’analisi climatica retrospettiva indica che la ritenzione delle uova fino alla fase di schiusa si è verificata in concomitanza con un clima estivo insolitamente caldo. Il periodo dicembre/gennaio sembra essere quello critico per le femmine per depositare l’ultima covata della stagione di nidificazione o per conservare l’ultima covata per lo sviluppo embrionale al proprio interno.
Questa associazione di viviparità facoltativa con il caldo estivo insolito suggerisce che le temperature ambientali superiori ad una certa media alla fine della stagione dei nidi, possono indurre le femmine a passare dall’ovideposizione alla viviparità facoltativa.
Questa plasticità fenotipica della modalità riproduttiva può proteggere gli embrioni in via di sviluppo da un’eccessiva esposizione al calore: le femmine possono termoregolarsi spostandosi tra i microhabitat mentre le uova nei nidi poco profondi, possono difficilmente sfuggire alle alte temperature del suolo. Questa nuova strategia riproduttiva ha il potenziale per migliorare la resilienza delle specie al riscaldamento globale.
Fonte: www.frontiersin.org
Fonte foto: Margaretha D. Hofmeyr