Ogni autunno, quando le temperature delle acque iniziano a calare, le tartarughe marine presenti al largo del nord degli Stati Uniti migrano verso sud ma molte di esse restano intrappolate nel golfo a forma di uncino della penisola di Cape Cod, in Massachusetts.
I soccorritori del “Wellfleet Bay Wildlife Sanctuary“, dell’organizzazione no-profit “Massachusetts Audubon Society“, effettuano vari giri di perlustrazione quotidiani per recuperare le dozzine di tartarughe che spiaggiano stordite dal freddo. Basti pensare che negli ultimi cinque anni sono stati quasi 600 gli esemplari arenatisi in Massachusetts e lo sforzo per salvarle coinvolge tra ottobre e gennaio centinaia di volontari.
Il lavoro di Bob Prescott e degli altri veterinari del Santuario però, non si limita soltanto alla riabilitazione degli esemplari sopravvissuti ma anzi, lo studio delle carcasse ha una rilevanza primaria. Infatti, terminata la “stagione degli stordimenti”, vengono pianificate diverse sessioni di necroscopia su tutte (o quasi) le tartarughe senza vita, presso un laboratorio del “Woods Hole Oceanographic Institution“.
Qui vengono coinvolti ricercatori, veterinari, biologi ed anche studenti che raccolgono importanti informazioni che vengono aggiunte a quelle già presenti negli archivi del “Wellfleet Audubon“. Nulla viene trascurato, dalle anomalie degli organi interni alla schedatura dei rifiuti ingeriti, dall’analisi dei parassiti a quella degli isotopi stabili (utile ad identificare le zone di foraggio), dall’età al sesso.
Nel 2017 sono state ben 84 le carcasse registrate presso il laboratorio ed i nuovi dati raccolti contribuiranno ad aumentare le conoscenze su queste creature marine. La dedizione dei ricercatori per salvare le tartarughe si fonda sullo spirito di collaborazione, che è talmente forte da non essere influenzato neppure dal nauseante odore emanato dai rettili deceduti da mesi, e ciò è uno dei principali motivi alle spalle dei tanti successi nella ricerca.