Pochi giorni dopo la nascita, un bimbo è già in grado di identificare il volto di un suo simile o comunque di essere attratto dalla forma costituita dai due occhi e dalla bocca. Vari studi hanno dimostrato che ciò avviene anche con le scimmie, i cani ed i pulcini, cioè in quegli animali in cui sono presenti per natura le cure parentali.
Ad ogni modo, non tutte le specie hanno un legame genitoriale e dunque i nascituri dovranno fin da subito cavarsela in maniera autonoma. Tre ricercatori, due dell’Università di Trento ed una della University of London, hanno voluto esaminare le capacità di risposta verso i volti proprio nelle specie solitarie, ciò a chiarire se c’è un collegamento tra tutti gli animali legato all’evoluzione.
Per effettuare lo studio, sono state impiegate 136 tartarughe terrestri appena nate, di cinque diverse specie del genere Testudo, perfetto esempio di mancanza di cure parentali. Nonostante tale carenza, nel 70% delle volte, le piccole si sono dirette verso l’oggetto che somigliava ad una faccia o ad un’altra forma simile o capovolta.
I risultati pubblicati sulla rivista scientifica statunitense “Proceedings of the National Academy of Sciences” supportano l’idea degli autori (Elisabetta Versace, Silvia Damini e Gionata Stancher), i quali ritengono che la predisposizione ad avvicinarsi ad una figura facciale non sia un adattamento evolutivo atto all’interazione tra conspecifici ma sia un meccanismo orientativo che risale agli antenati comuni di mammiferi, rettili ed uccelli, cioè ad oltre 300 milioni di anni fa. Tale ipotesi verrà comunque testata con ulteriori futuri studi.