Kai, una tartaruga verde di tre anni, è stata rilasciata nelle acque turchesi dell’Oceano Indiano al largo della costa del Kenya. Era stata ricoverata dopo che le sue budella erano state bloccate da sacchetti di plastica bianchi che aveva ingoiato, scambiandoli per meduse, e da minuscoli pezzi di plastica impigliati nelle alghe che mangiava.
Nel tentativo di ripulire l’habitat naturale di Kai, gli abitanti del villaggio di Watamu, che dipendono dalla pesca e dal turismo, nel 2016 hanno collaborato con un imprenditore e con un ente di beneficenza per la conservazione dell’oceano ed hanno cominciato a riciclare i rifiuti di plastica provenienti da due parchi nazionali marini del Kenya orientale.
Nella città di Malindi, a 20 km da Watamu, il bioingegnere Sam Ngumba Ngaruiya trasforma i rifiuti di plastica raccolti dalle spiagge in materiali da costruzione verdi: recinzioni per scuole e fattorie, cartelli stradali, pavimentazioni, tegole e contenitori di plastica riciclata che stanno lentamente prendendo piede tra la popolazione locale.
Gli abitanti dei villaggi, compresi i bambini delle scuole, raccolgono ogni giorno rifiuti di plastica dal mare, dalle spiagge e dalle famiglie per poi vendere la plastica alla società di Ngaruiya, “Regeneration Environmental Services Ltd“. La fabbrica di riciclaggio paga 10 scellini kenioti per un chilogrammo di plastica ed in quattro ore circa si possono raccogliere fino a 50 kg di plastica, guadagnando così 500 scellini (~4,10€ ), «abbastanza da mangiare e nutrire la propria famiglia per un giorno», ha detto Ngaruiya.
Secondo il “Kenya National Bureau of Statistics“, il turismo è diminuito drasticamente anche fino al 40% negli ultimi anni e per Ben Kithiy, che organizza windsurf e sci nautico per i turisti, la colpa è unicamente dell’inquinamento: «La plastica che galleggia e che si attacca al corpo quando si nuota in questo mare rende ogni esperienza acquatica molto spiacevole».
Casper Van De Geer, che gestisce il programma di conservazione “Watamu Turtle Watch“, ha affermato: «Quasi la metà delle tartarughe in riabilitazione muore di infezione a causa dei pezzi di plastica dura che si depositano negli angoli e nelle fessure dell’intestino, lacerandolo».
Nonostante dal 2016 la fabbrica di Ngaruiya abbia riciclato quasi 50 tonnellate di plastica e nonostante i prezzi competitivi dei materiali riciclati prodotti, gli ordini regolari scarseggiano e Ngaruiya ci ha già messo 500 mila dollari in prima persona dato che non ha ricevuto alcun incentivo o sussidio statale e bancario e nemmeno contributi alle iniziative di riciclaggio da parte degli hotel sulle spiagge.
Ngaruiya ha affermato che è necessaria una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori. «È tempo di assumersi la responsabilità personale dei propri rifiuti, separare i prodotti organici dalla plastica e assicurarsi che raggiungano i centri di riciclaggio», ha affermato. Ha poi concluso, aggiungendo che altri centri simili sono necessari lungo la costa africana, con accanto fabbriche più piccole.
Fonte: www.zilient.org e news.trust.org/climate