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Home News

Tartaruga gigante nello stomaco di uno squalo preistorico

Domenico Vitiello by Domenico Vitiello
18 Gennaio 2017
in News
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Negli anni novanta, sulle prealpi venete nel comune di Sant’Anna d’Alfaedo (VR), furono ritrovati i resti fossili appartenenti ad uno squalo preistorico di oltre sette metri di lunghezza.

Ieri, dopo oltre 40 anni, un team di paleontologi del CNR di Padova, delle Università di Padova e di Ferrara e della Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia ha pubblicato sull’internazionale rivista “Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology” uno studio approfondito sulla struttura ossea e sulla costituzione esterna dello squalo appartenente al raro genere Cretodus.

Al suo interno si può leggere anche una curiosità: il grosso pesce, poco prima di morire, aveva divorato una tartaruga marina con una lunghezza superiore ai due metri. «Si tratta di una delle più spettacolari e incontrovertibili testimonianze di preferenza alimentare di uno squalo estinto del Cretaceo. E ciò non è dissimile dal comportamento predatorio di alcuni squali di oggi, lo squalo bianco e lo squalo tigre, che attaccano proprio le tartarughe marine» spiega Jacopo Amalfitano, ricercatore del Dipartimento di Geoscienze dell’UniPd.

Ha poi aggiunto: «Verso la fine dell’Era Mesozoica, quando il Pianeta era popolato dai dinosauri, le Alpi non esistevano ancora e al loro posto si estendeva l’Oceano della Tetide. La zona dove oggi si trovano i Monti Lessini, a nord di Verona, era ricoperta da un mare relativamente profondo e lontano dalle zone emerse. Su quei fondali si depositavano fini sedimenti carbonatici. Le rocce stratificate di colore rosato derivate da quei sedimenti, sono estratte da centinaia di anni nella Lessinia per scopi edilizi. I lavori di cava hanno portato alla luce i resti fossili della fauna che popolava quell’antico mare scomparso: grandi squali, tartarughe marine e gigantesche lucertole chiamate Mosasauri»

Su quest’ultimo argomento, è intervenuta anche la Prof.ssa Eliana Fornaciari dello stesso Dipartimento: «Si tratta di un’opportunità unica per studiare le relazioni tra biota e le perturbazioni globali del ciclo del carbonio, generalmente associate a massicce immissioni di gas serra nel sistema Terra. Lo studio è volto inoltre, a valorizzare importanti reperti fossili misconosciuti alla comunità scientifica internazionale e al pubblico e attualmente esposti in diversi musei del Veneto. Il reperto oggetto dello studio pubblicato proviene da una cava situata nei pressi di Sant’Anna d’Alfaedo, risale a circa 93 milioni di anni fa ed è esposto al “Museo Preistorico e Paleontologico” di Sant’Anna di Alfaedo (VR)»

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