Una ricerca effettuata in Maryland nel 2013 ha confermato che il “Ranavirus” si è evoluto dallo stadio di virus emergente, riuscendo a colpire il DNA anche di anfibi e rettili, con danni enormi riscontrati nella popolazione di rana comune nel Regno Unito.
Le tartarughe autoctone in Ontario sono, chi più e chi meno, sotto minaccia di rischio estinzione e quando l’anno scorso per la prima volta in Canada è stato diagnosticato un caso di “Ranavirus” su una tartaruga, la preoccupazione è stata tanta: «Tutte le nostre specie di tartarughe stanno lottando per non scomparire e quindi qualsiasi nuovo pericolo è sicuramente spaventoso» ha dichiarato il patologo Doug Campbell, che ha analizzato il DNA della “Chelydra serpentina” morta dopo 24h dal suo ritrovamento proprio a causa di tale virus.
Morgan Piczak della “McMaster University” sperava fosse un caso isolato ma due settimane fa ha avvistato una seconda tartaruga azzannatrice con piaghe e gonfiori riconducibili proprio al “Ranavirus“: «Questo ritrovamento è particolarmente inquietante poichè ora è periodo di accoppiamento ed il contatto tra gli esemplari è più alto. Non si sa come il virus si trasmetta ma le tartarughe sono animali che interagiscono sia con gli ambienti acquatici che con quelli terrestri, stando a stretto contatto anche con altri animali, come pesci e rane» ha spiegato.
«Il meglio che possiamo fare ora è sperare di trovare quanto prima quell’individuo e rimuoverlo dall’ambiente», ha detto Campbell. «In questo momento non esiste una cura».
Secondo il patologo, l’unico modo che hanno gli scienziati di saperne di più è attraverso la collaborazione dei cittadini, i quali devono iniziare a riferire di tutti gli avvistamenti di tartarughe, in modo che possano essere ulteriormente studiate. «Le tartarughe sono animali qui un po’ trascurati, molte persone se vedono una tartaruga malata o anche morta, passano avanti senza avvisare nessuno».