La comunicazione vocale, ampiamente distribuita lungo la filogenesi dei vertebrati, gioca un ruolo fondamentale nelle cure parentali, nell’attrazione del partner e in vari altri comportamenti. Nonostante tale importanza, si sa relativamente poco della sua origine evolutiva poichè le analisi comparative filogenetiche sono spesso state condotte su mammiferi e uccelli e dunque mancano i dati dalle specie ritenute chiave.
Nello studio condotto dal biologo evoluzionista Gabriel Jorgewich-Cohen, pubblicato il 25 ottobre 2022 sulla rivista scientifica britannica “Nature”, sono state presentate le prove sui suoni e sui comportamenti registrati durante la produzione del suono da parte di ben 53 specie animali, appartenenti a quattro differenti cladi (clade: gruppo costituito da un antenato singolo comune e da tutti i discendenti di quell’antenato).
«L’idea di registrare specie apparentemente mute l’ho avuta per la prima volta mentre facevo ricerche sulle tartarughe nella foresta pluviale amazzonica brasiliana» ha riferito Jorgewich-Cohen. «Quando sono tornato a casa, ho deciso di iniziare a registrare i miei animali domestici, tra cui una tartaruga che ho avuto fin dall’infanzia».
Attraverso l’uso di semplici microfoni e di un idrofono, ha così cominciato a constatare, con grande eccitazione, l’emissioni di suoni da parte di ogni specie posta sotto analisi. Condividendo i risultati col suo gruppo di lavoro, si sono chiesti quanti altri animali normalmente considerati muti, in realtà producono suoni.
Nella loro ricerca, gli scienziati hanno valutato le capacità di comunicazione acustica in 50 specie di tartarughe e testuggini, che rappresentano oltre il 54% di tutti i generi e più del 14% di tutte le specie esistenti. Inoltre, sono stati registrati anche tre animali alquanto “strani” ma fondamentali per mappare la comunicazione vocale nell’albero della vita dei vertebrati.
Parliamo dello Sphenodon punctatus (comunemente detto “tuatara”), raro rettile endemico della Nuova Zelanda e unico rappresentante sopravvissuto dell’ordine dei Rincocefali, del Typhlonectes compressicauda, specie di anfibio senza arti, e del Lepidosiren paradoxa, pesce con branche e polmoni che gli consentono di sopravvivere sulla terraferma.
Tutti questi animali emettevano suoni vocali come clic e cinguettii o rumori tonali, anche se non troppo forti o emessi solo poche volte al giorno. I dati raccolti sono stati combinati con le scoperte precedenti sull’evoluzione della comunicazione acustica di oltre 1800 specie, provando così a calcolare la probabilità di un collegamento condiviso a ritroso nel tempo.
In precedenza si pensava che i tetrapodi, vertebrati con quattro arti, e i pesci polmonati avessero sviluppato la comunicazione vocale separatamente e dunque, il consenso scientifico ha favorito l’origine convergente della comunicazione acustica tra i vertebrati poiché la morfologia dell’apparato uditivo e la sua sensibilità, nonché la morfologia del tratto vocale variano notevolmente.
«Noi siamo stati in grado di ricostruire la comunicazione acustica come tratto comune tra tutti questi animali, che è almeno vecchia quanto il loro ultimo antenato comune vissuto circa 407 milioni di anni fa», ha detto l’autore senior dello studio, il professor Marcelo Sánchez-Villagra, anch’egli del “Paleontological Institute and Museum” dell’Università di Zurigo.
“I nostri risultati ora mostrano che la comunicazione acustica non si è evoluta più volte in diversi cladi, ma ha un’origine evolutiva comune e antica“.
È possibile approfondire lo studio al seguente link: “Common evolutionary origin of acoustic communication in choanate vertebrates“