Nella giornata di venerdì 8 marzo, sull’isola di Pemba (Al Kuh Dra) nell’arcipelago semi-autonomo di Zanzibar in Tanzania, otto bambini ed un adulto sono deceduti a seguito dell’ingestione di carne di tartaruga marina, altre 78 persone sono state ricoverate in ospedale.
La carne di questi rettili acquatici è considerata una prelibatezza dagli zanzibarini, complice una cultura fondata sul sostentamento dalle risorse che il mare ha da offrire. Purtroppo però, periodicamente si verificano casi di decessi dovuti al cosìddetto chelonitossismo, un’intossicazione alimentare causata dall’ingestione di carni di tartarughe marine.
La sua causa esatta non è nota, si pensa che sia collegata alle alghe velenose che le tartarughe consumano abitualmente come alimento da novembre a marzo. Ad oggi il chelonitossismo è stato associato a quattro specie di tartarughe marine: tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), tartaruga verde (Chelonia mydas), tartaruga comune (Caretta caretta) e tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), oltre alla specie d’acqua dolce Pelochelys bibroni.
La carne di tartaruga era stata consumata giovedì, causando i primi effetti dell’intossicazione sui bambini che sono morti nel giro di poche ore, per poi causare il decesso anche della madre di una delle piccole vittime. Le autorità di Zanzibar hanno inviato sull’isola una squadra per la gestione dei disastri, i cui uomini hanno esortato la popolazione a non ingerire più la carne di questi animali.
Già a fine 2021, in seguito alla morte di 7 persone sulla stessa isola, il governo aveva vietato il consumo di questa carne, ma tale misura non sembra essere stata efficace dato che l’episodio si è ripetuto dopo poco più di un mese nella circoscrizione rurale dell’isola di Unguja, con la morte di sette bambini, e si è verificato poi nuovamente pochi giorni fa. Il problema comunque, non riguarda solo le isole di Zanzibar ma ci sono registrati diversi casi in Madagascar, in Indonesia, in Micronesia e nelle isole indiane dell’Oceano Indiano.
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