In alcune specie di tartarughe, la temperatura d’incubazione determina se l’hatchling sarà femmina o maschio ma ora, grazie ad una nuova ricerca, si è scoperto che in tale processo anche gli embrioni hanno voce in capitolo per il proprio “destino” sessuale.
Lo studio, pubblicato il primo agosto sulla rivista scientifica “Current Biology“, esamina come gli embrioni si muovono all’interno dell’uovo per cercare una temperatura diversa e quindi come questo comportamento possa aiutare le tartarughe a compensare gli effetti dei cambiamenti climatici.
«In precedenza avevamo dimostrato che gli embrioni dei rettili potevano muoversi all’interno dell’uovo per la termoregolazione e dunque eravamo curiosi di sapere se ciò potesse influenzare la determinazione del sesso» ha dichiarato Wei-Guo Du, autore corrispondente e professore presso la Chinese Academy of Sciences.
Du ed i suoi colleghi hanno incubato le uova a temperature diverse, sia in laboratorio che in ambienti naturali. In metà delle uova hanno inoltre applicato capsazepina, una sostanza chimica che ha bloccato i sensori della temperatura per prevenire così la termoregolazione comportamentale. Dopo la schiusa i ricercatori hanno scoperto che dove non era stata usata la sostanza si erano sviluppati quasi tutti maschi o femmine, a seconda della temperature d’incubazione. Al contrario, gli embrioni lasciati reagire alle temperature del nido, si sono mossi nelle uova ed i sessi dei nascituri sono risultati essere quasi equidistribuiti.
Il movimento della futura tartaruga all’interno dell’uovo può proteggere essa da condizioni termiche estreme. «Questo potrebbe spiegare come alcune specie di rettili siano riuscite a sopravvivere a precedenti periodi storici in cui la Terra era a temperature più elevate di quelle attuali» afferma Richard Shine, professore alla Macquarie University di Sydney ed uno dei coautori.
Tuttavia, il controllo dell’embrione sul proprio sesso potrebbe non essere sufficiente a proteggerlo dai cambiamenti climatici troppo rapidi attualmente causati dalle attività umane. Questo studio però, potrebbe anche indicare che queste specie hanno altre strategie comportamentali e fisiologiche non ancora scoperte per respingere la loro estinzione.
Fonte: phys.org