A qualche centinaia di metri dalla riva dell’isola di Kerkennah, nel sud-est della Tunisia, un gruppo di studenti sta osservando e monitorando “Basma”, una tartaruga marina rilasciata nel suo habitat naturale, dopo un periodo di cure trascorso a bordo di una “chiatta galleggiante”.
«È molto importante che le tartarughe possano ricevere cure nel loro ambiente naturale», afferma Hamed Mallat, un biologo che sta implementando questo progetto sostenuto dai programmi delle Nazioni Unite. Sottolinea inoltre, che sulla piattaforma del centro di riabilitazione delle tartarughe marine dell’arcipelago di Kerkennah, circondata da reti e gabbie, è stata installata un’unità di trattamento unica per la Tunisia e il Mediterraneo.
Mallat, membro dell’Association Kraten du Développement Durable, de la Culture et des Loisirs di Kerkennah, che supervisiona il progetto, descrive questa piattaforma come «una vasta area in cui la tartaruga marina si sente più a suo agio a muoversi e mangiare, in quello che rappresenta un habitat naturale».
La piattaforma galleggiante per la specie protetta Caretta Caretta è stata inaugurata lo scorso dicembre utilizzando il riciclaggio di vecchie gabbie di acquacoltura, per un costo stimato in 20 mila dinari tunisina, cioè poco più di 6 mila euro. Essa si estende su una superficie di 150 mq e può ospitare fino a cinque esemplari, ospitati ciascuno in una gabbia singola.
Ogni anno, circa 10.000 tartarughe Caretta Caretta restano incagliate nelle reti dei pescatori e nelle reti da traino al largo delle coste del Paese, da nord a sud, e dunque si sta lavorando affinché sempre più spesso gli stessi pescatori consegnino le tartarughe ferite direttamente a biologi e veterinari. Il programma “Life Medturtles”, che copre 5 paesi del Mediterraneo (Albania, Italia, Spagna, Tunisia e Turchia), ha evidenziato un tasso di mortalità molto elevato che ha raggiunto addirittura il 70%.
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