Il bracconaggio è una minaccia per la sopravvivenza delle tartarughe marine meno grave di quanto non lo fosse una volta. Questo è quanto suggerisce una nuova analisi condotta da un team della “Arizona State University” e pubblicata il 7 settembre su “Global Change Biology”.
La cattura illegale di tartarughe marine è diminuita drasticamente dal 2000, con la maggior parte dell’attuale sfruttamento che si verifica in aree in cui le popolazioni di tartarughe sono relativamente robuste, sia per l’alto numero di individui e sia per l’abbondante diversità genetica.
Jesse Senko, Marine Conservation Scientist presso la ASU, ha spiegato che per stabilire il numero di esemplari catturati illegalmente, lui e i suoi colleghi hanno intervistato specialisti e setacciato circa 150 documenti, tra cui anche rapporti di ONG, articoli di giornale e articoli sottoposti a Peer Review.
Mai prima d’ora era stato condotto a livello mondiale uno studio del genere sulle tartarughe marine. Per millenni, l’uomo ha utilizzato questi animali e le proprie uova come fonte di cibo e per pratiche culturali (medicina tradizionale su tutte) mentre il carapace veniva utilizzato per realizzare gioielli, pettini e intarsi vari.
Combinando tutte le informazioni ottenute, i ricercatori hanno fatto una stima prudente che si aggira intorno a 1,1 milioni di esemplari catturati illegalmente tra il 1990 e il 2020, di cui quasi il 90% sono state smerciate al mercato nero cinese e giapponese. Invece, tra i paesi principalmente interessati dal bracconaggio spunta il Vietnam, con ben il 34% delle catture.
Sebbene le tartarughe marine sembrino rispondere bene a questa minaccia, la distruzione degli habitat e la morte dovuta alla cattura accidentale negli attrezzi da pesca potrebbero rappresentare una combinazione mortale per il futuro delle sette specie presenti al mondo.
Per maggio info: Global patterns of illegal marine turtle exploitation