Una dottoressa, medico di base, di Morciola di Vallefoglia (PU) è stata multata dai Carabinieri Forestali per aver tenuto alcune tartarughe in un acquario all’interno del proprio ambulatorio. Il caso ha sollevato curiosità, dibattito e anche interrogativi più ampi sul rapporto tra animali esotici, normativa e benessere animale.
Le protagoniste silenziose della vicenda sono due tartarughe acquatiche, ospitate in un acquario nella sala d’aspetto dello studio della dottoressa Victoria Rusu. Un angolo decorativo? Un gesto educativo? Oppure, come segnalato dalla Forestale, un’irregolarità sanzionabile.
Durante un controllo avvenuto nei giorni scorsi, i militari hanno contestato la mancanza dei documenti che certificassero la provenienza degli animali e il rispetto delle norme di detenzione previste per alcune specie esotiche. Per questo, alla dottoressa è stata elevata una multa da 300 euro. La professionista ha dichiarato pubblicamente la propria buona fede e ha già annunciato il ricorso, spiegando che le tartarughe sono state acquistate 13 anni prima in un negozio di animali di Fano (PU), prima dunque che la normativa si inasprisse.
Ma quali leggi regolano oggi la detenzione delle tartarughe acquatiche?
La questione, in apparenza semplice, tocca un nodo normativo complesso. Alcune tartarughe esotiche, in particolare le sottospecie appartenenti alla specie Trachemys scripta (come la ben nota Trachemys scripta elegans, venduta in passato come “tartarughina da vaschetta”), sono oggi soggette a severe restrizioni in tutta l’Unione Europea. Dal 2016, infatti, la Trachemys scripta è inclusa nell’elenco delle specie aliene invasive di rilevanza unionale, e ne è vietata la vendita, la riproduzione, lo scambio e l’introduzione in natura.
Chi già possedeva esemplari prima del divieto ha potuto mantenerli, ma solo dichiarandoli ufficialmente alle autorità competenti entro le scadenze previste (in Italia 31/08/2019) e adottando misure per evitarne la riproduzione e la fuga. Le sanzioni per chi non è in regola, anche se mosso da intenti non commerciali, possono essere salate.
Tartarughe esotiche e natura urbana: un problema diffuso
Le tartarughe acquatiche, un tempo regalate con troppa leggerezza, oggi rappresentano una vera sfida ecologica. Molti esemplari, ormai adulti e ingombranti, sono stati abbandonati in laghetti, fiumi e stagni, mettendo a rischio la fauna locale, come nel caso della tartaruga palustre europea (Emys orbicularis), oggi minacciata anche dalla competizione delle specie alloctone.
Questi rettili, resistenti e longevi, si adattano con facilità ma modificano profondamente gli ecosistemi che colonizzano. Proprio per questo, l’UE ha deciso di regolamentarne la diffusione, nel tentativo di tutelare la biodiversità autoctona.
Una riflessione tra norme e sensibilità
Il caso marchigiano porta alla luce una tensione non nuova nel mondo degli animali esotici: la distanza tra l’affetto del singolo e la necessità di norme valide per tutti. Il fatto che le tartarughe fossero in una sala d’aspetto, ben curate e non “esposte alla vendita”, ha suscitato la simpatia di alcuni cittadini. Ma le regole esistono anche per evitare futuri danni ecologici. E anche se non si tratta di un caso di traffico illecito o maltrattamento, è evidente che la gestione degli animali esotici impone oggi un’attenzione nuova.
Educare alla conoscenza, non solo alla custodia
Alla luce di vicende come questa, è fondamentale rafforzare la divulgazione scientifica e naturalistica: conoscere una specie, saperla distinguere, informarsi sui rischi legati alla sua introduzione in natura, è il primo passo per tutelarla davvero.
Gli animali esotici non sono “souvenir” viventi. Ospitarli, anche con le migliori intenzioni, comporta una responsabilità — ecologica, legale, e culturale. E forse, proprio questa vicenda ci ricorda che il vero amore per gli animali passa anche attraverso il rispetto delle norme che li proteggono, e che proteggono l’ambiente in cui viviamo.
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