Un eccezionale fossile rinvenuto in Libano ha permesso di chiarire un aspetto cruciale dell’evoluzione delle tartarughe marine moderne: l’origine e la conservazione delle squame cutanee. Lo studio, pubblicato su iScience e condotto da un team internazionale guidato dal paleontologo Benjamin Kear dell’Università di Uppsala, descrive un esemplare di tartaruga marina del Cretacico superiore, datato a circa 97 milioni di anni fa, che conserva tessuti molli fossilizzati in condizioni straordinarie.
Un fossile eccezionale dal cuore del Mediterraneo antico
Il reperto proviene dalle celebri formazioni calcaree di Haqel, nel Libano centrale, una delle aree più ricche al mondo di vertebrati marini fossilizzati. L’esemplare appartiene a un gruppo primitivo di tartarughe marine (Protostegidae), antichi parenti delle odierne tartarughe liuto (Dermochelys coriacea). Sebbene non si tratti di una specie nuova, le eccezionali condizioni di conservazione hanno permesso di osservare dettagli della pelle e delle squame mai documentati prima in un fossile di questo tipo.
Le analisi condotte mediante microscopia elettronica e spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR) hanno confermato la presenza di resti di cheratina, la stessa proteina che costituisce le scaglie e il carapace delle tartarughe moderne. Queste evidenze mostrano che la presenza di squame cheratinizzate — un tratto oggi visibile in molte specie marine — non è un adattamento recente, ma risale ad almeno 100 milioni di anni fa.
La chiave evolutiva delle squame
Lo studio ha permesso di ricostruire un importante passaggio nella storia evolutiva delle tartarughe marine. Le tartarughe moderne appartengono a due principali famiglie:
- Cheloniidae, che comprende anche le tartarughe verdi e le Caretta caretta, dotate di scaglie ben sviluppate;
- Dermochelyidae, rappresentate dalla sola tartaruga liuto, la cui pelle è priva di squame visibili.
Il fossile libanese mostra che gli antenati comuni di entrambe le famiglie possedevano squame cheratinizzate, successivamente perse nel lignaggio della liuto. Ciò suggerisce che l’assenza di squame nella Dermochelys coriacea non rappresenti un tratto primitivo, ma piuttosto una perdita evolutiva secondaria, legata all’adattamento a una vita completamente oceanica.
Questo fossile è come una capsula del tempo — ci mostra che le tartarughe marine avevano già sviluppato una pelle corazzata simile a quella delle specie moderne”, spiega Kear. “Le squame si sono rivelate una caratteristica altamente conservata, che ha contribuito al successo ecologico delle tartarughe per quasi cento milioni di anni”.
Una scoperta che cambia la prospettiva
Il fossile offre anche informazioni sulla fisiologia e sull’ecologia delle prime tartarughe marine. Le analisi geochimiche dei sedimenti indicano che l’esemplare viveva in acque calde e poco profonde dell’antico mare della Tetide, un ambiente favorevole alla diversificazione dei rettili marini. La struttura ossea e il profilo idrodinamico del guscio mostrano che l’animale era già adattato alla vita pelagica, pur mantenendo alcuni tratti più primitivi che ne fanno un vero “anello di congiunzione” tra le tartarughe d’acqua dolce e le forme completamente marine.
“Ogni nuovo fossile proveniente dal Libano aggiunge un tassello essenziale al mosaico evolutivo delle tartarughe2, afferma Kear. “Questa scoperta, in particolare, ci aiuta a comprendere come si sia evoluto il rivestimento cutaneo, uno degli elementi chiave per la protezione e la sopravvivenza in ambienti marini estremi”.
Dalle spiagge del Cretacico agli oceani di oggi
Le tartarughe marine odierne discendono da questi antichi progenitori, sopravvissuti a grandi estinzioni e cambiamenti climatici radicali. Capire come la loro pelle e il loro carapace si siano evoluti offre preziose informazioni anche per la biologia della conservazione: la cheratina e le scaglie, oltre a proteggere dalle abrasioni e dai predatori, contribuiscono a regolare la temperatura corporea e a limitare la perdita d’acqua e sali. Conoscere le origini e la funzione di questi adattamenti può dunque aiutare a comprendere meglio come le tartarughe moderne reagiranno ai cambiamenti climatici in corso.
Questa scoperta non solo arricchisce la conoscenza sull’evoluzione delle tartarughe marine, ma riafferma il ruolo del Mediterraneo e dell’antico mare della Tetide come uno dei principali centri di diversificazione dei vertebrati marini. Un fossile antico quasi 100 milioni di anni che, paradossalmente, parla chiaramente del futuro di questi animali straordinari.
Credit foto in evidenza: Pollyanna von Knorring/Swedish Museum of Natural History