Il commercio illegale ed il bracconaggio di specie selvatiche rappresentano insieme la seconda più grande minaccia per la sopravvivenza di molte specie di rettili. A seguito delle confische, non sempre si riesce a risalire alla precisa provenienza geografica degli animali e dunque, se reintrodotti in aree di origine “supposta”, c’è il rischio di ibridazione con le specie/sottospecie autoctone o peggio, essi possono risultare veicoli di parassiti e/o patogeni.
Si intuisce quindi quanto sia prezioso avere tali informazioni per la corretta ricollocazione in natura. Dalle sole differenze morfologiche però, non si riesce a risalire a ciò e ci si deve affidare allo studio del DNA sia per l’identificazione di ibridi e sia per l’assegnazione geografica.
Le Testudo hermanni sono state particolarmente interessate negli ultimi decenni da una raccolta massiccia di esemplari wild, con circa due milioni di essi esportati dai soli territori dell’ex Jugoslavia. Un team comporto da diciotto esperti, tra figure di spicco universitarie, della veterinaria e naturalisti, ha pubblicato uno studio sulla tipizzazione genetica al fine di identificare l’area geografica degli esemplari presenti nei centri di recupero italiani e per rilevare la presenza di eventuali alloctoni tra le popolazioni selvatiche.
Le valutazioni effettuate su 154 individui selvatici di Testudo hermanni provenienti da tutta l’Italia continentale, dalla Sardegna, dalla Sicilia, dall’isola di Lampedusa e dalla Corsica, e su 458 esemplari sequestrati e tenuti in cattività dalle autorità, hanno confermato il modello trovato da Melanie Perez in un suo studio pubblicato nel 2013, ma hanno anche evidenziato un ulteriore cluster in Calabria.
La più evidente suddivisione è stata trovata nella sottospecie Testudo hermanni boettgeri, con i gruppi GRE (Grecia) ed MCM (Bosco Mesola, Croazia e Macedonia). Mentre nella sottospecie Testudo hermanni hermanni, lo studio ha suggerito la suddivisione in quattro gruppi: ITP (penisola italiana centrale e meridionale, ad esclusione della Calabria centrale e meridionale), FRA (Francia), CAL (Calabria) e ISS (isole del Mediterraneo e Spagna).
La maggior parte delle testuggini confiscate è stata assegnata ad uno dei sei cluster ma una grossa fetta, pari al 31,4%, non apparteneva a nessuna suddivisione predefinita. Ciò potrebbe essere spiegato alla luce di tre considerazioni. In primo luogo, tali esemplari potrebbero appartenere ad aree non ancora campionate (come ad esempio la penisola balcanica). In secondo luogo, essi potrebbero essere degli ibridi nati da accoppiamenti avvenuti in cattività o anche in natura con esemplari introdotti dall’uomo. In ultimo, popolazioni diverse condividono una frazione rilevante di variazione genetica e dunque potrebbe esserci bisogno di aumentare il numero di microsatelliti per individuarne la provenienza.
Dallo studio è stata rinvenuta anche la presenza di un ibrido e di sette esemplari “migranti” tra le popolazioni in natura. L’assemblaggio di una banca dati genetica di riferimento e dunque la valutazione della più probabile origine geografica delle testuggini, rappresentano un utile strumento per ridurre il numero di esemplari detenuti nei centri di raccolta e di conseguenza anche per ridimensionare i costi di gestione.
Per maggiori informazioni sullo studio:
Mapping the geographic origin of captive and confiscated Hermann’s tortoises: A genetic toolkit for conservation and forensic analyses
Foto in evidenza: Francesco L. Leonetti (co-autore dello studio)