Come spesso avviene quando c’è di mezzo la mattanza di animali, tutti sapevano ma nessuno parlava. Ma ciò fino ad una settimana fa, fino a quando Achraf Hentati ha denunciato con un post sul suo profilo Facebook lo scempio visto al mercato del porto di Sidi Youssef, sull’isola di Kerkennah (Tunisia).
“Oggi sull’isola di Kerkennah, sono andato al porto di Sidi Youssef per prendere il traghetto per Sfax. Sono andato a fare un giro al mercato del pesce accanto al porto per fare delle commissioni e sono caduto purtroppo su delle tartarughe marine poggiate sulla schiena nel retro delle pescherie. Questi poveri animali in via di estinzione sono destinate alla vendita per le loro carni e vengono vendute a 25 dinari (circa 10€) l’una.
Non ho l’abitudine di mettere questo tipo di messaggio su Facebook, ma penso che è mio dovere denunciare questo massacro.”
La denuncia di Achraf ha avuto una risonanza molto elevata, superando i confini nazionali e continentali. Per rispondere alle tante domande ricevute, ha pubblicato un nuovo post:
“Desidero innanzitutto ringraziarvi per avermi aiutato a denunciare questi atti criminali, ero con due amici quando abbiamo scoperto ciò.
Perché non abbiamo comprato e rilasciato la tartaruga trovata?
Abbiamo seriamente pensato di farlo, ma abbiamo rinunciato per due ragioni: la prima perchè comprandola avremmo incoraggiato il bracconaggio e poi, se l’avessimo fatto, l’avrebbero ripescata subito dopo la nostra partenza.
Quando abbiamo girato questo video si pensava che la tartaruga fosse morta, l’ho toccata con il mio piede per vedere se era ancora viva. Facendo un giro ci siamo imbattuti in una seconda tartaruga in un’altra pescheria. Abbiamo chiesto al venditore se sapesse che è una specie protetta e in via di estinzione. Ci ha risposto che non era vero e che ce ne sono un sacco in mare!”
Il post continua purtroppo in modo ancora più triste:
“Il grande shock c’è stato quando siamo andati verso il mare dove ci siamo imbattuti in una decina di gusci vuoti di tartarughe. Per motivi di sicurezza (soprattutto per l’assenza di una forza di polizia sull’isola) è stato saggio per noi di non intervenire e quindi non entrare in conflitto con i pescatori. Ma comunque abbiamo fatto foto e video per denunciare attraverso i social e cercare così di raggiungere gli alti responsabili dello stato tunisino.”